I monti delle costiera amalfitana avvolti dalle fiamme, una situazione che si ripropone ogni anno con conseguenze catastrofiche a livello ambientale ed anche per l’enorme esborso che richiede tutta l’attività di spegnimento.
Aivoglia di dare contro ai piromani, i quali meritano tutto il nostro disprezzo e magari anche un pubblico linciaggio, ma se andiamo ad analizzare il problema ci rendiamo conto che la prima causa di questo disastro scaturisce proprio da chi quelle montagne e quei boschi dovrebbe preservarli.
Basta incamminarsi lungo i sentieri per comprendere come nel sottobosco non si opera nessuna pulizia provocando un accumulo di sterpaglie che costituiscono l’innesco perfetto per un incendio. In alcuni punti, come nel caso del recente rogo nei pressi del Convento di San Nicola, era presente un copioso letto di aghi di pino secchi che hanno richiesto l’intervento dei canadair per domare le fiamme.
Poi ci sono i ladri di legna che rubano quello che serve e poi lasciano le frasche a terra. Ma la responsabilità maggiore è dei proprietari che in rari casi provvedono alla giusta manutenzione, praticamente non lo si fa mai, e si rendono complici dei piromani.
Ma oltre ad una azione dolosa basterebbe un nonnulla per appiccare il fuoco anche con l’autocombustione o con la minima scintilla talmente è il secco che regna sul terreno.
Dovrebbe essere come nei castagneti dove la pulizia si fa per davvero ed è quasi impossibile dargli fuoco vista l’assenza di rami e fogliame secco eliminati con roghi controllati.
Chi è padrone di questi boschi deve essere indotto alla ripulitura, bisogna che si prevedano contravvenzioni ed in caso di incendio denunciarli per concorso in reato, addebitando anche le spese per lo spegnimento.
Ai sindaci ed agli enti preposti spetta di preservare questo enorme patrimonio paesaggistico naturale che Iddio ci ha donato, prima che sia troppo tardi.